Storia e cultura

Il grano arso, da “benefit” contadino a cibo di tendenza

Un tempo era quello avanzato dalla mietitura. Oggi è frumento duro tostato, riscoperto per il suo gradevole sapore di affumicato e per i bassi contenuti di glutine, racchiude tutto il sapore di una storia antica e autentica.

In una cucina dalle radici orgogliosamente povere come quella italiana, appare difficile trovare un ingrediente più povero del grano arso.

La regione del Tavoliere, un tempo dedita al pascolo, meta di quella secolare transumanza che, dai pascoli estivi montani dell'Italia centrale, conduceva alla Regia dogana della mena delle pecore di Foggia. 

Poi, a partire dall'Ottocento, tutto cambiò. In epoca murattiana, ma soprattutto dopo l'Unità d'Italia, il tavoliere divenne il granaio del nostro Paese, riscoprendo una vocazione già conosciuta in epoca romana.

Dopo la mietitura del grano duro, le stoppie venivano bruciate e a terra rimaneva qualche chicco bruciacchiato. I latifondisti concedevano così ai contadini il “privilegio” di raccoglierli. I chicchi così radunati venivano macinati nei mulini e poi mescolati alla normale – e preziosissima - farina per preparare il pane, la pasta, i taralli, le focacce e gli altri prodotti da forno tipici della Puglia. Con l'estinguersi della civiltà contadina l'usanza è

progressivamente scomparsa, ma è stata recentemente riscoperta da alcuni ristoratori. Solo che il grano arso odierno si produce in maniera assai diversa: non grano duro bruciacchiato, oggi considerato pericoloso per la salute.

Ma semplicemente tostato, dal quale si ottiene una farina che, mescolata a quella bianca, dà vita a prodotti semplicemente unici, grazie soprattutto a quel lieve retrogusto di affumicato e di tostato.

Ispirazione per la ricerca

La farina (o meglio, la semola) di grano arso, poi, ha anche altre proprietà: è integrale; e ha un minor contenuto di glutine, al punto che l'antica sapienza dei contadini ha ispirato una tecnica che, messa a punto nel 2014 dall'Università di Foggia, potrebbe rendere “inoffensivo” il grano duro anche ai celiaci.

Orecchiette, cavatelli e cicatelli

Per quanto riguarda la pasta, il grano arso è utilizzato soprattutto per quella fresca, a cominciare dalle orecchiette, ma anche dai cavatelli e dai cicatelli. Rispetto a quella di grano duro, la pasta di grano arso solitamente tende a sfaldarsi più facilmente, e si presta quindi meglio ai formati corti. I condimenti sono quelli consueti: tanto per restare in Puglia, da provare le orecchiette al grano arso con le cime di rapa, oppure con pomodorini e burrata o cacioricotta. Altre idee? I cavatelli di grano arso con cozze, gamberi e rucola. Oppure i cicatelli con i funghi cardoncelli. Tuttavia l'ingrediente è sempre più utilizzato anche negli altri formati tradizionali, a cominciare dai fusilli e dagli spaghetti. Perché non provarli, allora abbinati con sardine e salicornia?

Dolci e salati

Ottima anche la focaccia a base di grano arso, soprattutto quella tipica pugliese con i pomodorini, anche in questo caso i migliori compagni di viaggio per questo ingrediente. Oppure il pane con farina di grano arso. Impareggiabili, poi, i taralli, semplici o con semi di finocchietto selvatico. Per tutte queste preparazioni la regola solitamente prevede l'utilizzo di un 70% di farina bianca e un 30% al massimo di farina di grano arso.

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